Carissimi tutti,
un Dirigente scolastico è chiamato a mediare e a farsi portavoce di una molteplicità di componenti che costituiscono il mondo scuola. Dopo una breve e doverosa riflessione iniziale, proverò a dare alcune delucidazioni – spero utili, per tutti coloro che a qualsiasi titolo si sentono e sono coinvolti nelle attività dell’IC Thouar Gonzaga – sul funzionamento dell’istituto comprensivo alla cui guida sono stata affidata dal primo settembre.
Mai come in questo momento, e aggiungo “purtroppo”, l’attenzione collettiva è centrata sull’organizzazione e sul funzionamento delle attività scolastiche. Scrivo “purtroppo” perché tale cura, costantemente invocata da chi ha sempre avuto a cuore la tenuta del sistema istruzione nel suo complesso e ne ha sempre sottolineato l’indispensabilità e la centralità della sua funzione sociale e, anche se non immediatamente “tangibile”, economica per lo Stato, è oggi incentrata prevalentemente sul funzionamento orario e sulla questione generica apertura/chiusura tout court.
In poco più di un mese dall’avvio del corrente anno scolastico, sono stata chiamata a rispondere a esigenze prevalentemente di stampo individualistico che con la comunità scuola hanno a vedere soltanto in modo marginale. Penso che tale stortura derivi da una visione generale che affonda le sue radici in anni e anni di mancata visione “illuminata” e di insieme e in una carenza di riforme strutturali e impattanti sull’effettiva qualità del sistema formativo in generale; inoltre, certamente, non è stata d’aiuto la continua denigrazione e svalutazione della cosa pubblica, dell’antica res publica, e dei suoi “servitori”. La scuola dovrebbe avere ben altra funzione di ammortizzatore sociale in assenza di nonni e tate (senza nulla togliere anche a questa che, suo malgrado, la scuola svolge come mansione accessoria e collaterale, non certo prioritaria): ha il compito di garantire l’istruzione come bene di qualità, primario e imprescindibile.
In quanto portavoce, mediatrice e rappresentante di tutte le componenti della scuola che dirigo, sento fortemente e compartecipo anche alle relative frustrazioni: “Perché non si riesce ad avere tutti gli insegnanti, curricolari e di sostegno, in classe sin dai primi giorni di scuola?”, “ Perché non si riescono a garantire gli orari di apertura indicati nel PTOF?”, “Perché i docenti si trovano a dover garantire una disponibilità e una flessibilità nella loro prestazione professionale che, molto spesso, va ben oltre l’etica legata al lavoro che svolgono?”
La prima risposta a tutte le domande è: perché ci troviamo a vivere un’epoca caratterizzata da una emergenza pandemica. Non va tutto bene. Non è tutto normale. Non è tutto sotto controllo. E non si può continuare a pensare e a ragionare come se nulla fosse. Tutti abbiamo un grande desiderio di ricominciare a vivere e ad agire come prima, com’era nel periodo pre-Covid: accadrà. Ma non subito. Non adesso.
Ai problemi già esistenti si sono sommati problemi contingenti: la carenza di insegnanti – sia curricolari che specializzati sul sostegno – soprattutto nelle regioni del nord è cosa antica e nota. Quest’anno, poi, l’introduzione delle GPS (Graduatorie Provinciali per le Supplenze) ha complicato, anche se non deliberatamente, la gestione delle coperture dei posti vacanti; ciò è accaduto perché, oltre ai ritardi nelle pubblicazioni, il numero di rinunce è stato consistente. Inoltre, non è più possibile per la scuola procedere a coprire, neanche temporaneamente, le supplenze lunghe (intero anno scolastico) con i meccanismi passati. Fino a loro completo esaurimento – o almeno fino al 31 dicembre – verranno utilizzate le GPS e le GPS vengono gestite dagli Uffici Scolastici Regionali. A questa problematica ne conseguono altre: tutti gli aspiranti in graduatoria di istituto sono contemporaneamente presenti nelle GPS e fino a quando le operazioni di conferimento di supplenze lunghe non sarà ultimato nessuno (o quasi) risponderà positivamente alla proposta di contratti per periodi brevi (malattie, aspettative, congedi). E poi, non dimentichiamo il problema pandemico: così come tutti gli studenti sono invitati a stare a casa e a rivolgersi al medico curante nel caso di insorgenza di sintomi simil-covid, così accade per tutto il personale scolastico. Man mano che l’autunno avanza, e che anche l’influenza stagionale reclama il suo momento di gloria infettando il personale scolastico, le assenze aumentano. I posti scoperti, seppur temporaneamente, aumentano anch’essi. Chi copre le classi? Chi pulisce, igienizza e disinfetta gli spazi? Chi si occupa degli aspetti amministrativi fondamentali e senza i quali, a catena, può crearsi un blocco delle attività complessive? Non parliamo poi dei casi di isolamento fiduciario e di chi, volente o nolente, prima o poi risulterà positivo a un tampone (la mia non vuole essere una profezia “da Cassandra” ma richiama la statistica, i numeri): in che modo sarà possibile sostituire, in queste condizioni, il personale assente? Per adesso ce la stiamo cavando, e non senza sacrifici, non senza tensioni, non senza abnegazione. Il momentaneo funzionamento a 7 ore nelle scuole primarie non è una scelta: per adesso non abbiamo alternative e quotidianamente vengono gestite emergenze grazie a docenti che stanno mostrando abilità da acrobati per garantire il tanto attenzionato funzionamento orario.
Ciascuno di noi sta dando il massimo con le risorse che ha a disposizione, nessuno si sta tirando indietro e sempre senza far venir meno l’amore e la passione per la scuola, mondo complesso ma meraviglioso. E gli studenti? Sono proprio quelli che stanno dimostrando di saper accettare, almeno all’interno degli edifici scolastici, le regole necessarie allo “stare tutti bene e il più a lungo possibile” e che riescono a far percepire come normale e quotidiano ciò che normale e quotidiano non dovrebbe essere. Perché sì, tra una igienizzazione delle mani e l’altra continuano a seguire le attività didattiche come sempre hanno fatto e aspettano, pazienti e con occhi vigili sotto le mascherine che celano bocche e sorrisi, di poter tornare alle attività in cui il gruppo era una risorsa educativa e non un assembramento.
Ricordiamo che il diritto all’istruzione può essere garantito soltanto se si salvaguarda il diritto alla salute. Allo stesso tempo, qualsiasi diritto è consapevolmente esercitabile soltanto se il diritto all’istruzione è tutelato.
Tutti – personale scolastico, genitori, alunni – siamo chiamati ad un’attesa paziente, responsabile e collaborativa affinché questo periodo passi creando meno danni possibili. Tutti siamo responsabili nel riportare la scuola a quella centralità sociale che la rende elemento indispensabile di crescita e progresso della nostra bella Italia: mai come adesso anche noi adulti ci stiamo rendendo conto di ciò che si cerca di trasmettere agli studenti e alle studentesse fin dai primi giorni di ingresso in una comunità scolastica.
Le singole parti appartengono a un tutto e ciascun comportamento individuale ha ricadute importanti sul gruppo e sulla società generale. Facciamone tesoro e andiamo avanti, uniti e compatti, nella direzione del raggiungimento del successo educativo e formativo per tutti e per ciascuno.
Soltanto così potremo riuscire, con resilienza, ad affrontare questo lungo periodo di difficoltà.
La Dirigente Scolastica
Dott.ssa Adriana Colloca